L’olivo E L’Olio dei Monti Iblei

La storia dell’uomo, prima ancora dei ritrovamenti storici ed archeologici che potessero affermare la presenza dell’Homo sapiens, è stata sempre scandita dal rapporto inscindibile tra Uomo e Natura. L’uomo, ancora nomade, che popolava valli e pianure notò la presenza di un albero asciutto e contorto dalle foglie allungate e d’argento, sempre risorgente dalle sue radici: l’olivo. 
Inizialmente, l’uso dell’olivo era diverso da quello attuale, prevalentemente per foraggio e per produzione di legna per il fuoco.  Alcuni autori ipotizzano che all’inizio della sua domesticazione, le olive erano piccole e amare, utilizzate dalle donne perlopiù come rudimentali prodotti cosmetici.
Il Mare Nostrum, culla di civiltà grazie a Fenici, Egizi, Cretesi, Ateniesi, Etruschi e Romani, ha basato la sua agricoltura su tre specie prìncipi, come scrisse lo storico Fernand Braudel, per il quale il Mediterraneo è il mare degli oliveti, lungo le sue coste “si ritrova la medesima trinità, figlia del clima e della storia: il grano, l’olivo, la vite, ossia la stessa civiltà agraria, la medesima vittoria degli uomini sull’ambiente fisico”. Tra queste specie si è instaurato legame inscindibile di sacralità, che abbraccia sia la mitologia greca che la religione cristiana, non solo per l’importanza colturale delle specie in sé, ma soprattutto per la trasformazione dei loro frutti e la loro utilizzazione nei riti più sacri: l’olio, il vino e il pane.
Tra questi alimenti, l’unico che ha una somiglianza fonetica (ma non solo) con la pianta da cui proviene, è l’olio. Infatti,  se da un lato vite e frumento per diventare rispettivamente vino e pane devono subire una trasformazione tecnologica profonda, imputata a processi di fermentazione, nella quale le tecniche di lavorazione svolgono un ruolo decisivo e quasi caratterizzante,. l’olio, invece, porta lo stesso nome dell’albero che lo ha prodotto e del frutto che lo ha generato. È così che in latino [olea (olivo), olea (oliva) e oleum (olio)] e in greco [ελαια (olivo), ελαια (οliva) e ελαιον (olio)], i concetti di olivo, oliva e olio si indicavano con dei termini che presentavano la medesima radice, quasi a sottolineare la loro reciproca intima identità. Dunque l’olio appartiene più all’olivo che all’uomo e alla sua tecnologia. Difatti. uva e frumento subiscono delle trasformazioni tecnologiche, come la fermentazione del mosto e la molitura delle cariossidi, l’olio, diversamente, è già tale al momento della spremitura dell’olive. 

L’olivo in Sicilia

La Sicilia, per ragioni storiche, culturali, ma soprattutto geografiche, ha rappresentato e rappresenta ancora oggi un importante luogo di differenziazione genetica. Nel corso dei secoli, le specie arboree introdotte sull’isola hanno avuto modo di prosperare all’interno di numerosi habitat, originati dalle differenze bio-climatiche, geologiche, edafiche, e dove adattandosi hanno dato origine ad una grandissima biodiversità di specie e varietà. Tra queste specie non può non essere inclusa anche quella dell’olivo.
L’olivo, che Leonardo Sciascia definiva come qualcosa “non a misura di vita umana e che ha perciò a che fare con la fede e con la religione”, è da sempre memoria del paesaggio siciliano sia con la forma selvatica (Olea europaea var. sylvestris, oleastro) sia con quella domestica (Olea europaea var. sativa).
L’olivo, quindi, ha partecipato alla formazione di una molteplicità di paesaggi in relazione ai diversi assetti colturali che si sono definiti nel lungo processo di adattamento della specie ai differenti caratteri ambientali dei luoghi.
All’inizio della storia colturale dell’olivo in Sicilia, sotto l’aspetto storico e paesaggistico, la coltura promiscua risultava essere quella prevalente: le piante di olivo, infatti, venivano consociate a diversi altri tipi di coltivazioni, che assicuravano il sostentamento delle famiglie contadine, rafforzando le geometrie tipiche dei sistemi policolturali o interrompendo il monotono andamento dei seminativi.

L’olivo nei Monti Iblei

La localizzazione dell’olivo in provincia di Ragusa interessa una porzione piuttosto ampia del territorio collinare interno, con zone che degradano verso la fascia costiera dei Monti Iblei.
La concentrazione maggiore degli oliveti, però, si colloca all’interno del comune di Chiaramonte Gulfi, presso il quale la coltivazione dell’olivo rappresenta quella decisamente preminente; del resto anche in comuni limitrofi, la coltivazione dell’olivo, oltre al carattere di coltura economicamente interessante, assume un ruolo di salvaguardia ambientale di notevole valenza.
Nei Monti Iblei la coltivazione dell’olivo convive assieme ad altre colture di maggiore interesse quali la vite, gli agrumi, gli ortaggi in serra e in pieno campo, i cereali e le foraggere. Nella provincia di Ragusa, l’olivo ha instaurato il suo connubio più frequente con la zootecnica e con il carrubo, con i quali storicamente ha delineato contorni e paesaggi rurali unici.
La tipologia di coltivazione prevalente dell’olivo nel territorio ibleo, in particolare a Chiaramonte Gulfi, è caratterizzata da un’agricoltura condotta tra impianti specializzati e tradizionali, con un tipo di raccolta che viene prevalentemente effettuata a mano, mediante l’ausilio di piccoli pettini, e l’utilizzo di scale e reti; tuttavia si è ormai diffuso anche l’impiego di agevolatori meccanici e pneumatici, i quali migliorano l’efficienza del cantiere di raccolta, alfine dell’ottenimento di un prodotto di qualità a costi contenuti.
In merito alla composizione varietale, sono ben distinte, nel territorio Ibleo, 4 cultivar principali autoctone che contraddistinguono la qualità delle produzioni iblee: Tonda Iblea, Nocellara Etnea (sin. Verdese), Biancolilla, Moresca.
La “Tonda Iblea”, in particolare, si contraddistingue rispetto alle altre varietà per l’elevata qualità organolettica dell’olio extravergine prodotto, e grazie a tale specifica caratteristica, nel corso degli ultimi 15 anni, la “Tonda Iblea” è divenuta una delle varietà più apprezzate e pluripremiate a livello mondiale. Di frequente della ‘Tonda Iblea’ si conosce bene la qualità del suo olio, le sue proprietà organolettiche, sensoriali e nutraceutiche, ma spesso effettivamente non siamo a conoscenza di alcune caratteristiche importanti della pianta.